“Le Corti d’Appello dove ieri sono state depositate le firme digitali a sostegno delle candidature della lista Referendum e Democrazia” ha dichiarato Marco Cappato, leader della lista “hanno deciso di escludere la nostra presenza alle elezioni del 25 settembre. Le motivazioni differiscono ma, in tutte le circoscrizioni, non si è tenuto conto delle modificazioni legislative sopravvenute dall’adozione delle legge elettorale e dall’introduzione della firma digitale certificata per sottoscrivere documenti ufficiali.
“Nel momento in cui si dovrebbe facilitare la partecipazione popolare alla vita politica del Paese si sono interpretate restrittivamente norme datate senza tenere di conto del progressivo ampliamenti dell’uso della sottoscrizione digitale nonché il precedente del milione di firme online raccolte l’estate scorsa a sostegno dei referendum eutanasia e cannabis ritenute valide dalla Cassazione.
Abbiamo promosso la lista per concedere condizioni di uguaglianza di accesso per chi non era esente dalle firme, il diniego di oggi non ci farà desistere, nelle prossime 48 ore predisporremo i ricorsi urgenti affinché si adegui lo strumento digitale alle farraginose, quanto poco sicure o trasparenti, modalità di raccolta firme cartacee per la presentazione delle candidature per le elezioni politiche.
Di seguito il testo della memoria allegata alle firme in tutti i collegi italiani di Camera e Senato e per quello europeo.
MEMORIA
PRESENTAZIONE LISTA REFERENDUM E DEMOCRAZIA CON CAPPATO
Oggetto: presentazione delle sottoscrizioni attraverso il deposito informatico; artt. 38 bis legge n. 108 del 2021 e 18 bis d.p.r. n. 361 del 1957
La lista Referendum e Democrazia presenta le sottoscrizioni a suo sostegno per le elezioni politiche che si terranno il 25 settembre 2022, attraverso un deposito informatico delle medesime. Sebbene tale modalità di presentazione sia prima facie in grado di soddisfare le esigenze sottese alla disciplina in materia, la lista ritiene utile, in ottica collaborativa, di rimettere a codesto On.le Ufficio le seguenti considerazioni sull’interpretazione e sull’applicazione nella specie degli artt. 38 bis della legge n. 108 del 2021 e 18 bis d.p.r. n. 361 del 1957.
Come è noto, il nostro assetto normativo ha previsto, in progresso di tempo, come si vedrà, una serie di procedure che hanno introdotto il mezzo informatico per un numero sempre maggiore di adempimenti della fase iniziale delle elezioni conducendo alla sostanziale, generalizzata equiparazione della documentazione digitale a quella cartacea (ad es., il deposito del contrassegno di lista su supporto digitale, ex art. 15, terzo comma, del testo unico di cui al d.P.R. n. 361/1957, come sostituito dall’articolo 38-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108; inoltre, art. 8, comma 1, del testo unico di cui al d.lgs. n. 533/1993; v. anche art. 4, comma 1, della legge 3 novembre 2017, n. 165, e dall’articolo 2 della legge 9 gennaio 2004, n. 4 per il deposito in formato digitale della dichiarazione di trasparenza).
Ora, la normativa vigente in materia di consultazioni elettorali nazionali (d.p.r. n. 361 del 1957) prevede, all’art. 18 bis, che, ai fini della raccolta delle firme necessarie a partecipare con una nuova lista alle elezioni politiche, occorra la sottoscrizione di un numero di elettori pari, nel minimo, a 750 per ciascun collegio plurinominale (in caso di elezioni anticipate), con successivo onere di autenticazione delle firme da parte dei soggetti di cui all’art. 14 della legge n. 53 del 1990. La ratio della norma si incentra sull’esigenza di assicurare che la lista di nuova formazione goda di un minimum di rappresentatività in seno al corpo elettorale; l’autenticazione si fonda, poi, sull’istanza di certezza del diritto. Ambedue le esigenze potranno, a giudizio di chi scrive (e v. infra per una più compiuta dimostrazione), essere pienamente soddisfatte, e secundum legem, anche attraverso il ricorso alla firma elettronica qualificata, modalità, come si vedrà, già istituzionalmente accettata, e ciò per evitare che le legittime esigenze di rappresentatività e certezza del diritto si tramutino, indebitamente e surrettiziamente, in una autentica “corsa ad ostacoli” volta, anziché a favorire, ad osteggiare i diritti di partecipazione politica dei cittadini (cfr. infra).
La firma elettronica qualificata è stata già espressamente equiparata, per validità, ad una sottoscrizione autenticata ex art. 38 quater della legge n. 108 del 2021, a tenore del quale “A decorrere dal 1° luglio 2021 e fino alla data di operatività della piattaforma (digitale, n.d.r) le firme degli elettori necessarie per i referendum previsti dagli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione nonché per i progetti di legge previsti dall’articolo 71, secondo comma, della Costituzione possono essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, a cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi. I promotori della raccolta predispongono un documento informatico che, a seconda delle finalità della raccolta, reca le specifiche indicazioni previste, rispettivamente, dagli articoli 4, 27 e 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352, e consente l’acquisizione del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali è iscritto ovvero, per i cittadini italiani residenti all’estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero. Le firme elettroniche qualificate raccolte non sono soggette all’autenticazione prevista dalla legge n. 352 del 1970. Gli obblighi, previsti dall’articolo 7, commi terzo e quarto, della legge n. 352 del 1970, sono assolti mediante la messa a disposizione da parte dei promotori, successivamente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’annuncio di cui all’articolo 7, secondo comma, della stessa legge n. 352 del 1970, del documento informatico di cui al secondo periodo, da sottoscrivere con firma elettronica qualificata. I promotori del referendum depositano le firme raccolte elettronicamente nella stessa data in cui effettuano il deposito di eventuali firme autografe raccolte per il medesimo referendum. Le firme raccolte elettronicamente possono essere depositate presso l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione come duplicato informatico ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera i-quinquies), del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ovvero come copia analogica di documento informatico se dotate del contrassegno a stampa di cui all’articolo 23, comma 2-bis, del medesimo codice”.
A partire da tale dato normativo, è pienamente percorribile una soluzione che consenta alle liste di nuova formazione di valersi della firma elettronica qualificata. Il ragionamento si articola nei seguenti passaggi logico-giuridici:
1) gli artt. 18 bis e 20 del d.p.r. n. 361 del 1957 prevedono, certo, la sottoscrizione nelle modalità sopra indicate, senza far menzione della possibilità di sottoscrivere le liste digitalmente: tuttavia, neppure esplicitamente escludono una simile facoltà, che discende dalla natura e dal regime giuridico propri delle sottoscrizioni digitali e che dunque opera in modo tendenzialmente automatico senza necessità di essere puntualmente richiamata in ciascun caso; il parere n. 283 del Consiglio di Stato, nell’escludere l’applicazione dei principi di semplificazione alla materia elettorale in considerazione della specialità di quest’ultima, in parte verteva su una diversa questione (relativa ad un’autocertificazione), in parte merita di essere rimeditato alla luce del fatto che la firma digitale come soluzione generalizzata nel nostro ordinamento è oramai considerata equipollente ad un’autentica, a prescindere dalla legge elettorale che in questo caso non potrebbe valere come lex specialis perché ciò determinerebbe una compressione dei diritti politici di elettorato, interpretazione costituzionalmente incoerente, anche alla luce delle questioni che si esporranno di seguito;
2) d’altro canto, il sistema normativo ha già ammesso in materia di diritti politici il ricorso a una valida sottoscrizione digitale, anche a seguito della condanna subita dal nostro Paese dal Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite (caso Staderini c. Italia):
– 2.1) anzitutto, e ancor prima di detta condanna, l’attuale legge elettorale, il c.d. Rosatellum (legge n. 165 del 2017), dispone, all’art. 3, comma VII, delegando all’uopo il Governo, che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, […] sono definite le modalità per consentire in via sperimentale la raccolta con modalità digitale delle sottoscrizioni necessarie per la presentazione delle candidature e delle liste in occasione di consultazioni elettorali, anche attraverso l’utilizzo della firma digitale e della firma elettronica qualificata [corsivo nostro]. Sullo schema del decreto è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono nel termine di quarantacinque giorni”;
– 2.2) dopo la condanna delle Nazioni Unite legata al suddetto caso Staderini, poi, l’art. 1 comma 341 della legge finanziaria 178/2020 aveva disposto che “Al fine di contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantire loro il diritto alla partecipazione democratica […] è istituito un apposito fondo […] destinato alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle firme digitali da utilizzare per gli adempimenti di cui all’articolo 8 della legge 25 maggio 1970, n. 352”;
– 2.3) ancora, l’art. 38 bis della legge n. 108 del 2021, recante misure di semplificazione per la raccolta di firme digitali attraverso apposita piattaforma, ha stabilito che «per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per i referendum previsti dagli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione nonché per i progetti di legge previsti dall’articolo 71, secondo comma, della Costituzione», la firma di tutti i cittadini elettori possa essere apposta “anche mediante la modalità prevista dall’articolo 65, comma 1, lettera b), del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»;
2.4) infine, si richiama il sopra menzionato art. 38 quater della medesima legge da ultimo citata, che equipara la validità della firma elettronica qualificata alla autenticazione;
3) alla luce dei dati normativi sopra riportati, si ritiene che nulla osti alla applicazione eventualmente in via analogica e comunque costituzionalmente orientata dei medesimi, al fine di consentire la raccolta delle firme in forma digitale anche in vista delle consultazioni elettorali nazionali.
In particolare, il diritto di concorrere con una nuova lista alle elezioni politiche discende direttamente da un fondamentale pilastro della democrazia: l’art. 49 della nostra Carta costituzionale dispone, infatti, che “[t]utti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Tale puntuale disposizione si combina sinergicamente con il più generale principio di eguaglianza, segnatamente in senso sostanziale, che anima il nostro ordinamento nella sua interezza: l’art. 3, comma II, della Costituzione, solennemente sancisce come sia “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Una lettura di sintesi delle due norme depone nel senso di attribuire alla Repubblica nel suo insieme, ma anzitutto e soprattutto allo Stato (e più precisamente a Parlamento e Governo, ma anche, mediante letture costituzionalmente orientate, al potere giudiziario), il dovere di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla piena e attiva partecipazione dei cittadini all’agone politico nazionale. Come qualunque diritto, anche il diritto politico di partecipazione democratica alle elezioni trova dei limiti; tuttavia, in assenza di ragionevoli motivi per limitarlo, e una volta soddisfatti con una apposita disciplina i contro-interessi ritenuti meritevoli di tutela giuridica, tale diritto non deve incontrare ulteriori ostacoli da parte di poteri pubblici o privati, in quanto eventuali ulteriori ostacoli (non dettati dalle ragioni sopra indicate) attenterebbero al cuore di una libertà fondamentale e minerebbero il pubblico interesse ad una comunità di persone eguali. L’esercizio del diritto in questione è peraltro strumentale anche al diritto di voto (art. 48 Cost.), che sarebbe indebitamente limitato da un più ristretto novero di forze politiche cui aderire.
Ora, il requisito legislativo (attuativo dell’art. 49 Cost.) della sottoscrizione della nuova lista da parte di un numero di elettori pari, nel minimo, a 750 per ciascun collegio plurinominale (in caso di elezioni anticipate), mediante appositi moduli cartacei e con la necessaria autenticazione delle firme, risponde, certo, ai contro-interessi costituzionali legati alla certezza del diritto ed alla garanzia di un minimum di rappresentatività in seno al corpo elettorale della lista di nuova formazione, ma – se interpretato senza tenere conto delle innovazioni parallelamente intervenute nell’ordinamento, le quali riflettono a loro volta le dinamiche della collettività nel suo insieme – finirebbe per vulnerare, soprattutto nel caso concreto, tanto la libertà fondamentale di concorrere alle elezioni, quanto il pubblico interesse ad una comunità di soggetti, anche collettivi, eguali davanti alla legge: la prima è ostacolata dalla rigidità di un adempimento prossimo all’impossibilità materiale (in pochi giorni, in pieno agosto e nel crescente distacco dalla politica dell’elettorato, ma anche in considerazione dell’impossibilità per la nuova lista di coalizzarsi con le altre forze politiche); il secondo è compromesso da un sistema elettorale che assicura l’esenzione da un simile improbo onere alle forze politiche che godano già di una qualche forma di rappresentanza in Parlamento, operando in una logica diametralmente opposta a quella costituzionale, poiché se l’uguaglianza sostanziale impone la tutela del soggetto più “debole”, la norma in esame, di contro, protegge esclusivamente i soggetti istituzionalmente più “forti”. Una delle vie (ancorché non la sola) per superare questi ostacoli risiede nella sottoscrizione in forma digitale, al fine di rendere il meccanismo di raccolta delle firme notevolmente più spedito ed accessibile, e quindi, in ultima analisi, più democratico.
Si aggiunga, da ultimo, come non sussista alcun contro-interesse meritevole di tutela giuridica tale da poter legittimamente limitare la libertà ed eguaglianza nei diritti politici mediante sottoscrizione digitale: la sottoscrizione digitale, infatti, nulla osta al (ed anzi agevola il) processo di adesione del minimum di elettori necessario, e non solleva problemi di certezza del diritto, dato, quest’ultimo, irrefutabilmente comprovato dalla possibilità, riconosciuta dalla legge n. 108/2021, di utilizzare la firma elettronica qualificata per promuovere i referendum di cui agli artt. 75, 132 e 138 Cost. Sarebbe pertanto sicuro segno di incoerenza legislativa accordare una simile facoltà solo parzialmente, e senza alcuna valida ragione. Si ritiene dunque che occorra riconoscere l’applicabilità, anche in via analogica, delle disposizioni che facoltizzano l’uso delle firme elettroniche qualificate per i referendum anche alle consultazioni elettorali per la medesimezza di ratio legis, così da operare una estensione tanto fisiologica quanto necessaria alla realizzazione dei fini costituzionali sopra menzionati.
Per queste ragioni, impedire la sottoscrizione digitale ed il relativo deposito telematico costituirebbe non solo un ostacolo illegittimo ad un libero ed eguale esercizio di un fondamentale diritto politico, ma anche il sintomo, unitamente al progressivo disinteresse dei cittadini per la politica (alla luce della crescente astensione dalle urne) e della politica per i cittadini (si pensi anche soltanto a milioni di studenti e lavoratori fuori sede che non potranno votare), di una democrazia morente.
In conclusione, si confida che codesto On.le Ufficio possa riconoscere l’applicabilità, anche in via analogica, dell’art. 38 bis della legge n. 108 del 2021 alle consultazioni elettorali nazionali, in considerazione dell’eadem ratio che presiede al relativo meccanismo, e così interpretare l’art. 18 bis d.p.r. n. 361 del 1957 nel senso di non escludere, ed anzi implicitamente consentire, la sottoscrizione digitale in caso di elezioni politiche, e per conseguenza voglia considerare come valide le firme digitali sottoposte.