Cosa voto non so ancora. Ci sono quelli che sarebbero capaci di farci fare passi indietro, sui diritti civili e l’Europa. Gli altri però non hanno saputo farci fare passi avanti, tirando così la volata ai primi.
La questione più importante è un’altra: questa “democrazia” funziona sempre meno. Semplicemente: il popolo, al quale appartiene la sovranità (art.1 Cost.), non riesce a esercitarla davvero. Il ceto politico teme l’astensionismo, se ne rattrista, lo depreca, come se votare alle elezioni fosse l’unico modo per esercitare la sovranità. Ogni altra forma di partecipazione democratica è ignorata o ostacolata: quelle previste dalla Costituzione (petizioni, leggi di iniziativa popolare, referendum, iniziative popolari locali) e quelle che altri Paesi sperimentano con successo, come le assemblee civiche estratte a sorte.
Il fatto che la Lista “Referendum e democrazia con Cappato” non sia stata ammessa alle elezioni perché abbiamo raccolto le firme in formato digitale di per sé non sarebbe così grave. Non sarà la firma digitale (quando arriverà, perché arriverà) a far rinascere la democrazia in Italia. “Ci sono problemi più importanti nella vita delle persone ecc. ecc….” ci mancherebbe altro. Epperò: il fatto che un giudice ci dica che non può prendere in esame il nostro ricorso perché non sa se le nostre firme ci sono davvero, quando le firme sono depositate presso l’ufficio elettorale è roba da Regno dell’Assurdo. Il fatto che decida 5 giorni prima del voto, quando 5 anni fa il Parlamento aveva dato mandato al Governo di sperimentare (entro sei mesi!) la firma digitale, ci dà l’idea del degrado istituzionale in atto. Il fatto che un Governo certamente non privo di competenze tecniche si rifiuti di rispondere per 2 mesi alle nostre sollecitazioni (e scioperi della fame di Virginia Fiume e altri 25) non promette nulla di buono.
Il pasticciaccio brutto della firma digitale arriva dopo quello bruttissimo sui referendum, ignorati dagli “amici” (“dagli amici mi guardi iddio, che dai nemici mi guardo io”) e ghigliottinati dalla Corte costituzionale. Se non conoscessimo bene i protagonisti, sarebbe persino sorprendente osservare che quelli della grande chiamata alle urne contro il pericolo post-neo-fascista e in difesa della Costituzione più bella del mondo non menzionino mai, neanche per sbaglio, proprio lo strumento che la Costituzione prevede come salvaguardia tra un’elezione e l’altra contro le derive del potere e le leggi impopolari: il referendum abrogativo. E così non si accorgono nemmeno di Lorenzo Mineo col suo cartellone sotto al Ministero di Vittorio Colao per ricordare al superministro della “transizione digitale” (sic) che la sua promessa di piattaforma pubblica per la firma digitale sui referendum ancora non è stata mantenuta.
In questo contesto, una cosa so che certamente farò: depositerò una dichiarazione al seggio. Voglio lasciare a verbale, anche per i futuri ricorsi che presenteremo, che queste elezioni si tengono in violazione dei diritti civili e politici dei cittadini. Grazie al lavoro di Mario Staderini l’Italia è già stata condannata dalla Commissione Onu per i diritti umani, e la legge elettorale (che impedisce di scegliere che candidati votare) è già all’attenzione della Corte europea dei diritti umani. Porteremo in sedi internazionali anche la questione della firma digitale.
La dichiarazione al seggio potete depositarla sia se esprimete un voto valido, sia se vi astenete, sia se annullate o riconsegnate la scheda. Ecco le istruzioni e la dichiarazione.