Di Roberto D’Andrea
Perché la politica interessa sempre meno ai cittadini? Una risposta può essere questa: perché la politica si interessa sempre meno dei cittadini. I politici con ruoli istituzionali non trascurano, certo, del tutto il loro benessere. Ma, per quanto riguarda almeno i grandi partiti, omettono di sollecitare la loro partecipazione alla vita pubblica del Paese e di prendere chiaramente posizione su taluni diritti fondamentali, come i diritti civili e politici.
Eppure, la democrazia si distingue dai regimi a vario titolo dispotici soprattutto per questi due aspetti: per il coinvolgimento attivo dei cittadini nelle decisioni politiche e per la tutela dei loro diritti e libertà fondamentali. Qui interessa soprattutto il primo aspetto, che è in primo luogo di metodo: non bastano, per dirla con Abramo Lincoln, solo il governo per il popolo e il governo dal popolo; è invece assolutamente necessario anche un governo del popolo, cioè un indirizzo politico che sia anche il frutto di scelte compiute direttamente dai cittadini mediante referendum, o che i cittadini abbiano la concreta possibilità di determinare candidandosi in partiti di nuova formazione. È per raggiungere questo obiettivo, nella mediazione e composizione fra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, che si è formata la lista Referendum e Democrazia con Cappato.
Da un lato, il referendum può diventare, se non sarà perennemente osteggiato dagli arbitri della Corte costituzionale, una chiave di volta per tutelare i diritti civili, politici e sociali dei cittadini dagli strali conservatori e liberticidi delle forze politiche elette in Parlamento, ma anche per rinnovare l’interesse dei cittadini a partecipare alla vita pubblica.
Dall’altro, nell’ambito della democrazia rappresentativa, la nostra Costituzione garantisce, all’art. 49, a tutti i cittadini il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale: ora, la legge ordinaria e le fonti ad essa subordinate dovrebbero agevolare, e non invece ostacolare, questo prezioso processo democratico. Nel nostro Paese, purtroppo, la formazione di nuove forze politiche si configura come una autentica corsa ad ostacoli, essendo richieste come minimo 750 sottoscrizioni per ciascun collegio nello spazio di pochissimi giorni e con obbligo di autenticazione.
Referendum e Democrazia ha raccolto le sottoscrizioni in formato digitale con la finalità di far evolvere il nostro ordinamento, sollecitando da una parte il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica ad attivarsi con un decreto che prevedesse esplicitamente la validità della sottoscrizione digitale, dall’altra gli appositi uffici elettorali a riconoscerle comunque come valide. Nessuno degli attori istituzionali, tuttavia, ha dato seguito all’invito rivoltogli dalla Lista: i primi due hanno serbato un assoluto silenzio; gli uffici elettorali hanno rigettato le argomentazioni della Lista in maniera assertiva e farisaica. Contro l’inammissibilità pronunciata dagli uffici elettorali, peraltro, la Lista ha presentato ricorso d’urgenza al Tribunale di Milano. Quest’ultimo ha rigettato il ricorso sulla base di una motivazione non solo non pertinente, ma anche giuridicamente infondata: ha ritenuto infatti non provata l’esistenza delle firme digitali, affermando che per questa ragione non sussisterebbe il fumus boni iuris della Lista, cioè che non sussisterebbe neppure l’“apparenza” di un suo diritto. Eppure, fornire tale prova non era compito della Lista, che ha depositato tutti i documenti che poteva e doveva depositare, ma degli uffici elettorali, ai quali il Tribunale ben avrebbe potuto ordinare l’esibizione della necessaria documentazione; inoltre, l’oggetto del contendere doveva essere la valutazione di inammissibilità della sottoscrizione in formato digitale ad opera degli uffici elettorali, e solo su questo tema il Tribunale si sarebbe dovuto pronunciare. Contro il rigetto del ricorso d’urgenza sarà proposto reclamo, e la Lista continuerà a battersi per la firma digitale in sede interna ed internazionale. Curiosamente, il Governo, anziché sostenere questa battaglia per i diritti politici, dopo aver serbato un inerte silenzio a fronte di una richiesta formulata a partire dal 25 luglio, si è anche costituito in giudizio contro il ricorso proposto dalla Lista, sostenendo che in caso di accoglimento si sarebbero dovute rinviare le elezioni. Se però il Governo si fosse attivato in tempo con un decreto, che avrebbe dovuto adottare nel lontano 2017 o, almeno, a ridosso della sollecitazione da parte della Lista, la situazione di pericolo per le imminenti elezioni non si sarebbe certo venuta a creare. Dunque, imputet sibi.
Per concludere con una considerazione generale, non è e non deve essere rimesso alla pura discrezionalità legislativa, se introdurre o meno le sottoscrizioni digitali: il legislatore ha una determinata sfera di discrezionalità solamente quando vi siano almeno due diritti o interessi diversi da bilanciare. Ora, esiste forse un contro-interesse meritevole di tutela da bilanciare con l’agevolazione della raccolta delle sottoscrizioni mediante lo strumento digitale nelle consultazioni elettorali? Non sembra. Negligenza, disinteresse, indolenza e conservatorismo non costituiscono interessi meritevoli di tutela. E se anche tale interesse vi fosse, il legislatore stesso ha in ogni caso previsto e reso effettiva la possibilità di raccogliere le sottoscrizioni in formato digitale in vista della celebrazione dei referendum: per quale ragione uno strumento che può impiegarsi a sostegno della democrazia diretta non dovrebbe potersi impiegare anche a sostegno della democrazia rappresentativa? L’asimmetria è di una irragionevolezza ed irrazionalità insostenibili.
Lo stesso problema si presenterà con riferimento alle prossime elezioni regionali: la Lista è già pronta ad una diffida alle Regioni che non prevedano le firme digitali affinché assicurino tale possibilità. L’obbligo di garantire i diritti politici e di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo della persona umana incombe infatti sulla Repubblica nel suo insieme, e dunque anche sulle Regioni.
La battaglia continua anche su un altro fronte: il prossimo 13 ottobre, dalle 17.00 alle 21.00, si terrà a Modena l’incontro di Eumans Riattiviamo la Democrazia! nell’ambito del Congresso nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, in cui si discuterà delle ragioni per cui questo movimento paneuropeo è stato fondato e della sua missione, cioè la promozione, anche su scala europea e globale, dei diritti e delle libertà fondamentali. Tutti potranno partecipare e offrire il proprio prezioso contributo. Nell’appuntamento ci si confronterà inoltre su come andare avanti nelle iniziative giudiziarie o di altro tipo per l’affermazione definitiva della firma elettronica qualificata e la garanzia, così, dell’uguaglianza di opportunità di partecipazione politica di tutti i cittadini alle decisioni pubbliche del Paese, anche in vista delle prossime elezioni regionali che a breve si terranno.
A ciascuno, infine, la sua parte: sarebbe stato compito degli uffici elettorali ritenere, nel silenzio della legge (ed anzi a maggior ragione se la legge già depone nel senso della sottoscrizione digitale), la sottoscrizione digitale pienamente valida; sarebbe stato compito del Presidente del Consiglio attivarsi per introdurla esplicitamente; sarebbe compito della Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittima la legge attuale nella parte in cui non la rende effettiva. È nostro compito attivarci in tutte le sedi e con tutti i mezzi nonviolenti a nostra disposizione per pretendere e ottenere il risveglio della nostra democrazia.